Nel cuore di una valle dimenticata dal tempo, nascosta tra pendii morbidi e boschi che sussurravano segreti antichi, esisteva un piccolo villaggio chiamato Élenar. Gli abitanti dicevano che quel luogo fosse stato scelto dalla Terra stessa per respirare: lì, i venti sembravano avere voce, l’acqua raccontava storie e le pietre conservavano i sogni degli uomini.
Ogni generazione cresceva con una leggenda: che sotto la collina centrale, chiamata Colle del Respiro, esistesse una cavità viva, un ventre pulsante che univa il battito della terra a quello degli esseri umani. Nessuno aveva mai osato scavare, nessuno voleva scoprire se fosse vero. Perché lo sentivano. E sentirlo bastava.
Tra quegli abitanti viveva Nael, un ragazzo silenzioso, con occhi color del muschio e mani che sapevano ascoltare. Sua nonna, Mira, era l’ultima Custode del Soffio: un ruolo antico, tramandato a chi sapeva percepire i fili invisibili che legano il mondo. "Ogni essere vivente," gli diceva spesso, "è una nota nella grande sinfonia. Se uno si spezza, l’armonia vacilla."
Ma da anni, la sinfonia si incrinava.
Le foglie cadevano in anticipo, i fiumi si ritiravano come se avessero paura, e perfino il canto degli uccelli sembrava smarrito. Le persone cominciarono a chiudersi, a parlare sottovoce, a temere il cielo. Dicevano che il Respiro della Terra si stava spegnendo. Che forse la connessione era stata spezzata.
Nael sentiva un richiamo, una fitta nel petto ogni volta che si avvicinava al Colle del Respiro. Una notte, il suono di un battito profondo — simile a un cuore ferito — lo svegliò. La voce di sua nonna, ormai fragile, gli disse solo una cosa:
"Va’. Ascolta. Non per capire, ma per ricordare."
Salì sul colle. Lì trovò Lyra, una ragazza straniera, mai vista prima. Aveva occhi simili ai suoi, eppure pieni di tempesta. Disse di venire da un villaggio a nord, dove la terra aveva smesso di parlare da tempo. Cercava qualcosa. Cercava qualcuno.
Non sapevano perché, ma sentirono che dovevano scendere insieme.
Una fenditura si aprì tra le radici di una grande quercia. Nessun terremoto, nessun rumore: solo un richiamo. Si calarono, mano nella mano, dentro la terra viva.
Là sotto non c’era buio. C’erano luci lievi, come fiato trattenuto. Le pareti pulsavano di energia. E nel centro, un’enorme camera naturale, dove l’aria sembrava respirare davvero. Ogni respiro che facevano diventava il respiro del luogo. Lì, capirono: la Terra era viva non solo nei corpi, ma nelle emozioni, nelle paure, nei sogni non vissuti.
La connessione si era spezzata perché gli uomini avevano dimenticato di sentire. Si erano separati da ciò che li nutriva, da ciò che li specchiava: la terra come specchio dell’anima.
Nael e Lyra si sedettero al centro della camera, uno di fronte all’altra, e iniziarono a respirare in armonia. Non parole. Non pensieri. Solo presenza. Con ogni respiro, un ricordo affiorava: un animale salvato, una madre che canta, un bambino che corre nell’erba, una lacrima che cade e fa germogliare un fiore. Memorie del mondo. Memorie dell’anima collettiva.
Quando riemersero, l’alba stava sorgendo.
Il cielo era limpido come da anni non lo era più. I fiumi scorrevano, l’erba brillava di rugiada, e nel vento si udiva di nuovo il canto. Il villaggio intero si svegliò come da un lungo sonno.
Mira, la nonna, li aspettava al limitare del bosco.
"Siete diventati Custodi entrambi", disse. "Ma non di un potere. Di una relazione."
Nael e Lyra non salvarono il mondo. Ma lo ricollegarono a sé stesso.
E da quel giorno, ogni primavera, gli abitanti di Élenar si radunano sul Colle del Respiro. Non per pregare. Non per chiedere. Ma per respirare insieme alla terra. Per ricordare che l’anima umana e quella del mondo sono fatte della stessa sostanza.
E che solo respirando insieme, si può davvero vivere.
𝓡𝓲𝓬𝓬𝓪𝓻𝓭𝓸 𝓓𝓮𝓵𝓵'𝓤𝓸𝓶𝓸 𝓓'𝓐𝓻𝓶𝓮
Testo arrivato 3° al concorso letterario nazionale Elena M. Coppa a Bagnoregio.
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